Un ticchettio improvviso. Uno scroscio di acqua continuo. Con le palpebre ancora chiuse sono convinto che si tratti di un sogno. Nel tepore delle coperte mi rigiro con le spalle alla finestra a ignorarla. M’illudo. Qualcos’altro si muove sotto le lenzuola da giorni, forse settimane. Non resisto a questo martellare incessante che desta irriquietezza. Di scatto mi alzo, apro le persiane. Una pioggia di spilli martella i tetti del Cairo. Dovrei essere abituato, ma ad ogni temporale rimango incredulo. La città sembra cambiare pelle, assumere un aspetto lascivo e distante. Ho gli occhi pesanti e stanchi. Infastidito e frastornato mi rifugio nel letto nella speranza di rincontrare Morfeo.
I minuti passano con l’illusione di riposare. Non ce la faccio. La mente è sveglia, la lotta è persa. Stancamente mi trascino verso la cucina. Sento gli occhi arrossati. Apro le imposte e mi affaccio dal balcone. Una nebbiolina spessa ha preso il posto delle nuvole. È stato solo un temporale passeggero. L’odore acre del bagnato s’insinua nelle narici. Penso che sia impossibile lavare l’odore impastato di sabbia e smog di questa città. Non è un odore gradevole ma a me piace. Con cura preparo il caffè e del latte. Prendo miele e yogurt che stendo su pane di segale. Lo stomaco emette un brontolio alla vista del cibo. M’impongo di attendere che il caffè sia pronto. Oggi preferisco fare colazione sul balcone.
I tetti ancora coperti da uno strato d’acqua. In alcuni tratti ci sono chiazze d’asciutto, le parabole, i muri e i cornicioni mettono in mostra i rigagnoli del tempo. Ai miei occhi sembrano essere stati così da sempre e mi domando se le pareti siano mai state giovani.
Rumori dalla cucina richiamano la mia attenzione. Lo scroscio dell’acqua incrina quel momento di quiete. Il fuoco s’accende. Una mano scivola sul petto nudo e una guancia mi ascolta il respiro sulla schiena.
“Tutto bene habibi? Come mai ti sei alzato così presto? Dovresti riposare di più, questa notte ti sei agitato molto e parlavi nel sonno. Ultimamente stai lavorando come un forsennato, non dovresti staccare un pò la spina?”. I miei occhi rigonfi e infossati, la piccola scintilla di luce dietro la pupilla scomparsa, linee sottili si sono formate ai lati degli occhi. Non posso ingannarmi.
Ormai sono rimaste solo piccole pozzanghere.
“Vengo a Parigi con te”. Pronuncio queste parole come se fossero verità assoluta, senza possibilità di risposta. Il viso di Marie si scosta dalla mia pelle, la chiazza di calore lasciata sulla schiena dal suo corpo va assottigliandosi. La macchina del caffè pronuncia un borbottio, Marie si precipita a spegnere il fuoco.
“Ho messo da parte una certa somma e conosco delle persone nei sobborghi di Parigi, anche se preferirei non contattarle e risolvere tutto da qua. Tu potresti trovarmi un posto dove stare”. Marie non sembra capire se sia una domanda o un’affermazione. Continua a spalmare il burro su una fetta di pane, poi un’altra, e un’altra ancora. Lo sguardo è disorientato.
Sono certo che capisca il motivo della mia decisione, ma pensa di non avere voce in capitolo.
“Cosa è che spinge gli uomini a pensare anche per me? Che cosa sono, un bel soprammobile da mostrare agli amici?”. Alcune gocce salate cadono sul tavolo e nel caffè. Una fitta pulsa sullo sterno, solleva la testa ma tutto le deve sembrare appannato. Sono ancora sul balcone intento nei miei pensieri e silenzi, posso distinguerne la forma. “Sola, per la prima volta dopo tanto tempo riprovo una sensazione di abbandono e solitudine. Che senso ha amare qualcuno? È solo una forma di egoismo in cui si succhia a vicenda la voglia di vivere per dimenticare il proprio essere soli. È un sottile inganno con il quale prima o poi si deve fare i conti, è lì che iniziano le crisi: quando l’inganno viene svelato e tutto appare più chiaro”. Vuoto. Tradita e sola. L’amore è distante. Quelle parole erano riuscite a creare una frattura da qualche parte nel suo corpo.
“Pensavo di poter trovare un lavoro in qualche bar, momentaneamente dovrebbe andar bene. Poi voglio iscrivermi all’università, riprendere gli studi di economia e marketing. Voglio darti il meglio”, le parole sono rivolte al vento, in un punto dell’orizzonte oltre le parabole e lo smog della città. “Potrei lavorare la sera e seguire i corsi la mattina. Quando gli studi saranno terminati troverò lavoro, prenderò il passaporto francese, compreremo una casa per vivere insieme. Tu non avrai bisogno di lavorare”, quando termino mi sento circondato dal silenzio. Un gatto passeggia sopra il tetto di una casa adiacente incurante del caos circostante. Con un movimento rapido getto lo sguardo nella cucina con un’ombra di timore e una strana sensazione. Quello che vedo non mi piace affatto. “Ma, cosa è successo?”, mi precipito dentro senza badare a evitare il caffè e latte sul pavimento. “Ti senti bene amore? Cos’hai?”, lei si morde il labbro inferiore quasi a farlo sanguinare, il corpo irrigidito e gli occhi rossi. Non l’ho mai vista così. Le passo un braccio sulla spalle e la cingo a me. Non capisco, mi sento spaesato e insicuro, ma anche offeso e un senso di orgoglio incomincia a percorrermi la schiena.
“Perché mi fai questo?”, mi dice a denti stretti.
“Cosa? Che cosa hai detto? Non ho capito?”, Marie chiude le dita a pugno arricciando la tovaglia e facendo ondeggiare l’unica tazzina superstite. Altro caffè si versa sulla tavola.
“Perché mi fai questo? Perché prendi decisioni senza consultarmi? Non potresti dire: “Tu che pensi se …?”, scrolla le spalle con forza allontanando il mio abbraccio. I piedi puntano il pavimento quasi vogliano aggrottarlo, gli occhi arrossati sputano fuoco e dolore.
“Ma … pensavo …”, la voce mi trema, la sicurezza di poc’anzi è sparita. “Credevo che anche tu lo volessi, che mi amassi …”, lo dico con poca convinzione.
“Non ho detto che non lo voglio”, l’incrinatura si allarga e lei ora vuole lottare, vuole ricucire quello strappo, non vuole che anche questa volta gli eventi prendano il sopravvento. Sono certo che mi ama ed è pronta a battersi con me, per me. C’è qualcosa di più importante dietro: il suo essere donna e non l’oggetto di qualcuno. Sarà la differenza di culture? Chissà se i visi di alcuni ragazzi dalla carnagione chiara le stanno passando davanti. No, non è la differenza di cultura.
“Ma te lo sto chiedendo ora”, dico cercando di ricucire lo strappo.
“Che faccia tosta! Non provare a prendermi per il culo”. Lo sguardo come un rasoio. Si scosta la solita ciocca ribelle dal viso. Entrambi sappiamo che ha ragione. “Lo sai quanto può essere difficile lì? Non ci saranno persone che ti aiuteranno, verrai trattato come un mulo senza alcun rispetto, non accetteranno scuse se non rispetti gli impegni. Inoltre come pensi di ottenere il visto?”
“Ehi, aspetta. Ho sempre mantenuto gli impegni da che è scomparso mio padre. Per il visto posso prendere quello turistico e convertirlo in permanente una volta che troverò lavoro. L’unica cosa che dovresti fare è dichiarare che vengo a trovarti. Così non dovrei avere problemi”.
“Non so se lo posso fare, c’è di mezzo mio padre. Già mi ucciderebbe se sapesse della nostra relazione”.
Ecco il punto! Sogghigno indietreggiando impercettibilmente di un paio di centimetri. “Che cosa vuoi dire?”.
“Che ci metterà i bastoni fra le ruote. Te l’ho già detto che è meglio che sia io a venire da te”.
Sento un sorriso sarcastico tagliarmi il volto. Adesso credo di capire. È tutta una messa in scena.
“Dillo chiaramente che per te sono stato solo una bella scopata. Spero che ti sia divertita e di essere stato bravo a letto”, mi allontano ancora di più da lei. Non posso credere che stia succedendo veramente. Vorrei tornare indietro e fare come se nulla fosse accaduto. Invece mi sento percorrere da una perfidia rinnovata. La sto perdendo, ne sono cosciente e ne soffro ma non riesco a fermarmi.
Il mio volto le si fa acquoso, il labbro inferiore trema incastrato tra i denti. Di scatto si dirige in camera da letto sbattendo la porta alle sue spalle. Apre armadi e cassetti, tira fuori le poche cose che ha accumulato.
Con calma afferro la tazzina superstite. Sorseggio il caffè rimasto. È freddo e ha un sapore amaro e stranamente salato.