
L’Egitto alza la testa, anche contro Morsi – intervista a Alaa Al Aswany (Left, Unità 6 luglio 2013)
Nadi el Sayyarat è un romanzo che si può definire ancora una volta un capolavoro perché abbraccia una visione universale. Una sferzata critica senza precedenti non solo contro il regime di Mubarak, ma anche contro tutti quei soggetti (i militari, la polizia segreta e i FM) che collaborando con i poteri esterni alla nazione, che pensano più al loro interesse particolare che al bene del popolo. È una lettura piacevole quella di Al Assuani, sciolta, veloce, pungente, di natura politica, sociale e sempre mirata a risvegliare qualcosa nel lettore che va al di là delle parole, dei singoli cliché. La prima parte forse può risultare troppo oziosa e prolissa nei dettagli, ma la storia rimane scorrevole, e il lettore si trova sospeso tra gli eventi descritti nel libro e quelli accaduti veramente in piazza Tahrir.
Quando Alaa Al Assuani nel 2006 aveva pensato di scrivere il romanzo, non aveva certamente preventivato che lo svolgersi della trama si sarebbe intrecciato con il succedersi degli eventi reali e forse sarebbe stato superato dagli stessi. L’idea era ottima e rappresentava un’altra sottile accusa verso il regime di Mubarak, dei suoi figli e di tutta una schiera di lacché che si avvantaggiava del sistema per arricchirsi alle spalle degli egiziani. “Nadi Al Sayyarat”, che in italiano potrebbe tradursi come “Automobile Club”, è ambientato negli anni ’40. Allora esisteva un forte malcontento popolare e la frustrazione dei partiti d’opposizione verso la corruzione regia e il collaborazionismo del re Farouk con gli occupanti inglesi era alta. Sette anni spesi in lunghi studi e ricerche per reperire tutte le informazioni possibili, perché la trama si basa sulla storia della prima autovettura al mondo. “Mi sono recato al museo dell’automobile in Germania, ho fatto ricerche sul creatore dell’auto Karl Benz, per sincerarmi che quello che scrivevo non fosse fuori dalla realtà”
Durante la stesura, Assuani si era arenato al momento di immaginare una situazione di ribellione popolare. Doveva capirne i sentimenti, le azioni, i pensieri, le paure … tutto un insieme di fattori che la rivoluzione egiziana del 2011 gli ha servito su un vassoio d’argento. Due anni interi vissuti alla ribalta, sia in piazza che in estenuanti discussioni in TV, in conferenze e alla radio, per continuare quella rivoluzione che non è terminata ma va avanti in questa fase transitoria dei Fratelli Musulmani. “Sbaglia chi pensa alla rivoluzione come un momento, come un punto fermo, è solo l’inizio di un periodo che durerà nel tempo. Il cambiamento politico poteva essere raggiunto con un colpo di stato dei militari, ma la rivoluzione è una sfida nel medio lungo termine, un cambiamento umano. Le persone sono differenti, non sono più spaventate, hanno una visione diversa del mondo”
Assuani è indubbiamente uno scrittore impegnato e abile per la spigliata capacità narrativa di saper parlare di temi tangibili quali la giustizia sociale, i diritti politici, la libertà, la povertà ma anche dei pregiudizi e degli stereotipi del suo popolo. Non tralascia nulla, puntigliosamente analizza la società egiziana estraendone un quadro che sbalordisce anche gli stessi egiziani. Apre il dibattito, provoca, pone domande e fa porre domande al lettore, questa è la capacità intrinseca e dialettica di Alaa Al Assuani. Mai scontato, sempre attento a suscitare un’emozione, un sussulto, a tessere una trama che appassioni dalla prima all’ultima pagina. Fa riflettere la conversazione tra l’ebrea Odette e il colonialista inglese Wright presidente dell’AC, quando lei afferma: “Non credo nel nazionalismo, perché se sei convinto di appartenere a un certo tipo di persone incomincerai a pensare di essere migliore degli altri”. Odette è egiziana ma di madre francese e padre libanese e, quando Wright provocatoriamente le chiede chi è e da dove proviene, lei risponde piccata con un’altra domanda: “Perché non riesci a vedermi solo come un essere umano, senza etichette?”. Sono amanti, anche se lui continua ad avere un piglio razzista. Sua figlia, Misty, per ironia della sorte, terminerà tra le braccia di un egiziano, scardinando i suoi pregiudizi razziali.

“Perché il titolo Automobile Club?”
“Mio padre era l’avvocato legale dell’AC, quando ero piccolo lo accompagnavo spesso. C’erano due tipi di società all’interno del Club, i padroni e gli europei da una parte e i servitori nubiani dell’Alto Egitto dall’altra. Ho trovato questa dicotomia molto interessante. Come queste due società si percepivano, cosa un membro dell’AC si aspettava dal suo servitore, e quale opinione aveva il servitore del suo padrone. Descrivo la scuola in cui educavano i domestici a servire bene e a modo. Questa istruzione generava un falso alone di sicurezza in cui i servi venivano soggiogati, perché ottenevano sicurezza in cambio della libertà. Il protagonista negativo, Kasim, maggiordomo del re, è il responsabile di tutti i servitori reali, compresi quelli dell’AC. Coadiuvato dalla fedele guardia del corpo Hamid, tratta disumanamente i servitori, li tortura e non paga loro lo stipendio. Kamel e Salha sono invece i protagonisti positivi, figli di un ricco nubiano caduto in disgrazia e costretto a lavorare all’AC dove morirà per le percosse e le umiliazioni ricevute. Sono loro due che incitano alla rivolta e trascinano tutto un popolo. Entrambi si trovano di fronte alla scelta tra la sicurezza di un sistema repressivo e schiavizzante e la libertà, come è accaduto al popolo egiziano a gennaio del 2011”
“Quanto il suo passato entra in Nadi el Sayyarat?”
“Normalmente esiste la formula fiction = realtà, condita con un pizzico di immaginazione. Scrivi in base a quello che conosci, anche se scopri che non lo conosci mai abbastanza. Considero l’infanzia come la scatola magica della narrativa, se la apri scopri delle cose sorprendenti e l’AC è parte della mia infanzia. Al Club parlavo con il cuoco, il quale mi raccontava di quando era stato lo chef personale del re, con il barman, che soleva servire l’aristocrazia egiziana. Quando ho iniziato a ricordarmi di queste persone, la scatola magica si è aperta, così è nato il romanzo”
“Perché proprio gli anni ’40?”
“Molti storici affermano che in Egitto stiamo vivendo un periodo storico molto simile a quegli anni. È una sfida cercare di esplorare altri campi della letteratura senza ripetere la formula con la quale ho ottenuto il successo. Cerco di sviscerare la narrativa sotto diverse angolazioni e in periodi storici separati”
“Come vede questo nuovo romanzo rispetto ai precedenti?
“Provo sempre a usare modi di scrivere differenti. In Chicago uso due voci narranti, in Nadi el Sayyarat tre. Per me è stata un’avventura artistica e i riscontri della critica mi danno ragione”
“Mentre scriveva, c’è stata la rivoluzione egiziana, quanto è presente nel romanzo?”
“Sono stato fortunato a vivere la rivoluzione in piazza Tahrir, mi ha aiutato a scrivere la seconda parte del libro. Per fortuna le domande e le richieste di un popolo non hanno tempo e sono le stesse negli anni ’40 come nel 2011”
“Quanto l’AC è stato superato dagli eventi della Storia?”
“Ogni romanzo ha sempre due elementi: il tempo in cui si contestualizza la trama, e il lato umano, cioè la capacità di sollevare questioni e domande a livello umanitario. Se si possiedono queste particolarità, allora il romanzo varca i confini geografici e i limiti del tempo”
“La personalità del re è occulta ma sempre presente, in due parti appare dominante, quale interazione e connessione con Mubarak?”

“Hanno avuto le stesse modalità di regnare. La logica di un tiranno è quella di un padre. Quando sei un dittatore non affermerai mai di esserlo e non ammetterai mai di rubare i soldi del popolo per darli alla cerchia di amici e parenti. Il despota si giustifica con la solita retorica di amare il proprio paese e i propri cittadini, che però, guarda caso non sono abbastanza maturi per governarsi. Il colonialismo e la dittatura hanno la stessa faccia, ed è quello che scrivo nel romanzo. L’Egitto è stato derubato nel vero senso della parola. Churchill ripeteva spesso che gli inglesi aiutavano e amavano gli egiziani, quando fossero stati in grado di governarsi da soli se ne sarebbero andati, avrebbero tolto il disturbo, come il re e Mubarak!”
“Chi è l’ebrea Odette nel romanzo?”
“È un personaggio chiave e coraggioso, è un’ebrea comunista, è una rivoluzionaria che combatte contro l’occupazione inglese. È un personaggio emozionante e coinvolgente”
“Perché proprio una donna?”
“È una mia peculiarità, la maggior parte dei personaggi femminili dei miei romanzi sono positivi … nel mio subinconscio credo nel potere della donna. Sono convinto che le donne non siano state trattate su basi eque, neanche nel mondo occidentale”
“Cosa pensa delle violenze sessuali in piazza Tahrir?”
“Il vecchio apparato di sicurezza sta giocando sporco per terrorizzare le donne ed evitare che protestino in piazza. Gli attacchi sessuali hanno tutti la stessa dinamica, è un sistema messo in atto da Mubarak e ora usato dai FM. Come è possibile che durante i primi 18 giorni di rivoluzione dormivamo insieme e non c’è mai stato un tentativo di molestia, tutti si rispettavano in piazza, musulmani e cristiani. Come mai durante la reggenza dei militari 15 chiese sono state bruciate? Perché le forze di sicurezza e la polizia sono sparite dalla strada? Perché ci sono video che inchiodano i responsabili ma nessuno è stato arrestato? Tutte le persone che si sono susseguite al governo a partire dalle dimissioni di Mubarak sono tutte contro la rivoluzione”
“Dove sta andando la rivoluzione egiziana?”
“Anche se attraverso elezioni democratiche, al momento abbiamo un gruppo di fascisti al governo, che vuole monopolizzare il potere, e distruggere la democrazia e la legalità. Non si preoccupa di cosa ha bisogno e vuole il popolo. Questo ragazzo (Morsi) il 22 novembre va in TV e si dichiara al di sopra della legge, qualsiasi cosa decide non può essere giudicato o portato in tribunale, si può chiamare questa democrazia? Quando hai 100 persone uccise dalla polizia, come rappresentante della più alta carica dello Stato sei responsabile … Mubarak è in prigione per aver permesso la morte di 900 persone in piazza Tahrir. Il ruolo della rivoluzione è di sbarazzarci di queste persone legalmente, stiamo domandando elezioni presidenziali anticipate (NdA – attraverso il movimento Rebel)”
Sarà molto interessante scoprire quale sarà il prossimo romanzo di Al Assuani, forse il soggetto potrebbe essere la Fratellanza, l’ascesa al potere e la caduta. L’unica certezza è che sarà ambientato ad Alessandria, in un altro luogo e per un’altra sfida. Sarà interessante seguire gli eventi, ma ancora di più i fiumi di parole che la scrittura avvincente e tagliente di Al Assuani saprà sempre regalarci e, al momento, Nadi el Sayyarat lenirà l’attesa.

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L’ha ribloggato su Aliundee ha commentato:
“Non credo nel nazionalismo, perché se sei convinto di appartenere a un certo tipo di persone incomincerai a pensare di essere migliore degli altri. (…) Perché non riesci a vedermi solo come un essere umano, senza etichette?”.