Articolo pubblicato sul manifesto: Graffiti 1 – Mohamed Fahmi: Ganzeer


PDF Graffiti-Ganzeer Il Manifesto

Che cosa c’è dietro la Maschera della libertà? 

Prima della rivoluzione di gennaio, le pareti dei palazzi erano usate solo per annunci pubblicitari. Durante i giorni della prima “intifada” egiziana il movimento dei graffiti ha preso piede perché esisteva nei giovani un bisogno intrinseco di esprimere qualcosa di represso da  decenni. Una delle scritte sulle pareti del bar Hurreyya (Libertà) al centro de Il Cairo diceva: “Voglio vedere un altro presidente prima di morire!”; già, perché molti di questi ragazzi sono nati e cresciuti durante il regime di Mubarak e non hanno conosciuto altri punti di vista a parte quelli incontrati recentemente su Facebook. Che cosa sono i murales e i graffiti? Sono una chiara voglia di esprimere un sentimento e un disappunto, una protesta disegnata e visibile a tutti. Per un regime dittatoriale costituiscono una minaccia ancora più grande di un articolo di giornale o di un’invettiva radiofonica, proprio perché possiedono un messaggio politico semplice ma potente, di facile fruizione.

L’epicentro è Tahrir e le zone limitrofe, mentre fuori diventa più difficile “combattere” contro una società tradizionalistica e agricola come quella egiziana: troppi pregiudizi e troppi concetti complessi che non si riescono ad afferrare, sopratutto in un paese dove il 50% della popolazione è analfabeta. Per questo motivo il messaggio dei graffiti in alcuni casi deve essere chiaro e semplice per non turbare questa visione arcaica, ma in grado di saper comunicare il nuovo, quello di cui Tahrir è diventata espressione. Forse la rivoluzione in questa fase sta scemando o perdendo la sua spinta iniziale, ma oltre a ottenere successi politici, è importante mettere in moto quel movimento sotterraneo che passo dopo passo, anno dopo anno cambierà la società preesistente. I casi emblematici sono Mohamed Fahmi, soprannominato Ganzeer, tenuto in prigione per una notte lo scorso maggio solo per aver affisso i suoi adesivi della “Maschera della libertà” in tutti gli angoli de Il Cairo.

Mohamed Fahmi rifiuta qualsiasi tipo di classificazioni, lui è un graphic design moderno, che deve attingere da tutte le fonti possibili, alla ricerca di una padronanza degli strumenti necessari per poter “incollare” tutte le sue idee: da photoshop, Adobe art effects, Final Cut … senza tralasciare la sua abilità per il disegno e la passione per il fumetto. Non ama usare la parola globalizzazione, forse troppo abusata, sputtanata direbbe lui in un momento di lapsus. Gira video, corti, alcuni dei quali sono stati selezionati dalla Townhouse de Il Cairo, mostrati a Kiel in Germania, al “1 minute” festival di Amsterdam … Fa graffiti e murales, inventa loghi da affiggere sui muri, sui pali della luce, sulle vetrine … È un blogger per diffondere le sue idee.

Mohamed è un tipo riservato, parla inglese con uno tipico slang-accento cool americano, calmo persino quando parla dei martiri uccisi negli scontri di novembre a Tahrir, il suo tono diventa incazzoso quando si parla di Salafiti e di Fratelli Musulmani (FM), rivelando una rabbia repressa come quella che hanno molti giovani laici egiziani nei confronti delle frange estreme o politiche dell’Islam.

Che cosa ha spinto Mohamed a uscire dal suo studio, mettersi nelle strade e riempire i muri de Il Cairo con graffiti e stencil? Quale è stato il bisogno di Ganzeer di uscire dal guscio della sua tana e iniziare un blog e un web magazine che è diventato un forum di discussione dei giovani egiziani? Che cosa lo ha spinto a criticare i militari egiziani tanto da meritarsi la galera a maggio del 2011 quando ancora tutti gli egiziani erano imbambolati dalla bonarietà dell’esercito? Chi è Mohamed Fahmi chiamato il Ganzeer?

R: Sono cresciuto leggendo fumetti, per lo più americani. Poi, alle superiori ho cominciato ad appassionarmi dei graphic novel di fantascienza e di criminalità, non più di supereroi. Ancora oggi il mio interesse principale sono i fumetti, ma la mia passione prioritaria è l’arte di strada, l’ho sempre ammirata, e non mi risulta particolarmente difficile perché ho l’esperienza del disegno grafico alle spalle.

D: Perché, a parte i graffiti dei martiri della rivoluzione, usi molto gli stencil?

R: Sì, ma anche quello sui martiri lo considero un grande stencil multistrato, ho solo applicato il mio design sui muri della città.

D: Quale è la differenza che vedi tra i graffiti o i fumetti?

R: Con i fumetti si spende molto tempo al chiuso, lavorando a casa, in mezzo a mille bozze di disegni, concentrandosi sulla storia, il layout e tutti gli altri processi. Con la street art si è più focalizzati su come esprimere un messaggio forte attraverso una sola immagine, andare alla ricerca della posizione migliore per i graffiti al fine di ottenere l’effetto migliore … si è costretti ad andare in giro per la città esplorando. Per i murales di dimensioni troppo grandi sono stato aiutato da alcuni amici, hanno richiesto uno sforzo di gruppo.

D: Come il murale del carro armato? Qual è l’idea che c’è dietro?

R: Sì, proprio come quello. Il significato? Che viviamo in uno Stato militare. Ho fatto quel graffiti a maggio 2011, prima degli scontri di novembre, quando le politiche e le azioni dei militari  già indicavano chiaramente che non erano a favore della rivoluzione. Ma anche prima, a marzo, ho fatto un altro murale con Mubarak, Tantawi, Amr Mousa e l’ex ministro della cultura, tutti insieme … se lo ri-presentassi ora il suo messaggio sarebbe ancora attualissimo.

D: Come è stata la reazione della gente al murale dei martiri?

R: Lo hanno apprezzato molto in confronto agli altri, perché in questi ultimi ho criticato duramente l’autorità costituita, e in un modo evidente, la gente li considera troppo duri e aspri nei confronti dei militari.

D: Possiamo dire che la tua arte di strada è più vicina allo stile egiziano rispetto i tuoi comics?

R: Esiste una forzatura nel dire stile egiziano, perché significa che si considera il popolo egiziano come un’entità unica, che spinge e pensa in un modo specifico; probabilmente in Egitto è esistito in passato questo tipo di approccio, come quando anche qui c’era un sistema fascista che imponeva un unico metodo e una visione del disegno, con canoni stabiliti e rigidi. Tuttavia, al giorno d’oggi ognuno si confronta con l’arte in maniera diversa, penso che non si possa collocare geograficamente uno stile.

D: Certo, ma ci sono alcune caratteristiche culturali che possono distinguere un’area geografica da un’altra?

R: Sì, ma credo che in questo momento, con internet le persone interagiscono quasi senza confini. Parlo e interagisco con i miei vicini di casa e con persone che sono miei vicini su internet, in modo da avere una società e una condivisione globali, lo stesso vale per le culture … quindi non riesco davvero a individuare uno stile egiziano.

D: Come il tuo lavoro di blogger influenza la tua street art?

R: Credo che come blogger ho l’obbligo di documentare la vita reale, cercando di raggiungere un vasto pubblico. Per esempio, se io ho un’idea o un messaggio, li posso rappresentare in un film o in un teatro così la gente li può vedere, o in un dramma radiofonico, così la gente li può ascoltare, o in un libro di fumetti … Il motivo per cui uso media diversi è perché voglio raggiungere con il mio messaggio più persone possibili.

D: Qual è il messaggio nella “Maschera della Libertà”?

R: L’idea è venuta, perché dopo le dimissioni di Mubarak la gente ha iniziato ad avere fiducia illimitata nel Consiglio Superiore delle Forze Armate (CSFA). Gli egiziani hanno incominciato a sentire questo “nuovo Egitto” e la “libertà”, ma è una menzogna perché il CSFA ha giocato su due tavoli, dove ha usato i media per creare questa supposta nuova libertà, una propaganda ben studiata; mentre tutte le sue decisioni erano indirizzate all’opposto della libertà dichiarata! Quindi, la Maschera della Libertà rappresenta visivamente questa ideologia, perché non si riesce a vedere come non si riesce a parlare, si possiedono solo delle minuscole ali sulle tempie con le quali non si è in grado di volare.

D: Perché la reazione dei militari è stata così forte tanto da metterti in prigione?

R: In realtà, non è stata la loro reazione, ma quella delle persone comuni; hanno chiesto a un vigile di chiamare la polizia militare per farmi arrestare. Se non l’avessero fatto, probabilmente non sarei stato incarcerato, e probabilmente l’adesivo della Maschera della Libertà non si sarebbe diffuso tanto e così velocemente … quanti adesivi avrei potuto affiggere in strada da solo? Non credo molti, ma del mio arresto hanno parlato sia i media che internet. Da una parte questa è una tipica reazione di un sistema autoritario e della gente che ci vive, perché è il tipo di cultura che ti tiene in ostaggio conficcandoti la testa dentro la sabbia.

D: Puoi raccontarci la tua esperienza di blogger, cosa scrivi e con quali finalità? (Blog Ganzeer)

R: Curo tre diversi blog. Il Ganzeer è quello dove metto i miei lavori, è orientato ad avere un impatto visivo. L’altro è dove posto le mie ossessioni personali e non ha nulla a che fare con il mio vero lavoro, è un “blog cellulare” sulla città: vado in giro, scatto foto, registro suoni, scrivo note … L’ultimo, chiamato Rolling Bulb (Rolling Bulb), è molto più simile a un sito web o un web magazine; l’ho iniziato perché volevo un posto dove scrivere e pubblicare i miei articoli personali in libertà, poi l’ho aperto a tutti coloro che volessero contribuire ad analizzare e toccare con mano la società reale. È incentrato sull’arte e la cultura, ma molto anche sulla politica.

D: Tutti questi libri che tieni nel tuo studio, servono per il tuo blog?

R: La ricerca è una cosa importante per lo scopo che mi prefiggo: comunicare informazioni ed emozioni. Entrambe hanno bisogno della ricerca: quali informazioni comunicare e come comunicare una certa emozione.

D: Qui sulla parete c’è affissa una lavagna con un’agenda ben dettagliata: “Come costituire un esercito”, “Il significato e l’irrilevanza del processo di Mubarak”, “Romanticizzazione della cultura”, “Strategia per una rivolta di successo” … a cosa serve?

R: Il programma è per la rivista web, sono gli argomenti di articoli su cui voglio scrivere e che voglio sviluppare, i numeri scritti accanto ad ogni argomento rappresentano il grado di priorità che attribuisco ad ognuno.

D: Cosa ne pensi degli scontri in via Mohamed Mahmud Street (MM) di fine novembre? E le delle elezioni?

R: Gli eventi in via MM sono tristi e assurdi, e collegati con le elezioni sono davvero strani: appena una settimana prima 40 persone erano morte e il CSFA e i partiti avevano ancora voglia di tenere le elezioni affermando che sarebbero state la nostra salvezza, ma non si può semplicemente ignorare la morte! Personalmente mi mette tristezza vedere tutti quei leader politici apparire in televisione, soprattutto quelli del fronte rivoluzionario che parlano dell’importanza delle elezioni come via d’uscita dalla situazione creatasi in via MM e come unico modo per trasferire l’autorità dal CSFA a un governo civile. Questo non era il punto di vista della gente nelle strade, in particolare quella di Tahrir, che ovviamente chiedeva la fine del potere dei militari ma era contro l’elezioni, alle quali non credeva, perché non è la prima volta che si svolgono elezioni in Egitto, le abbiamo avute molte volte sotto Mubarak, e persino lui nel mese di gennaio continuava a promettere libere elezioni! Ora siamo in rivolta contro i militari che hanno arrestato migliaia di attivisti, che esercitano il controllo dei media per il lavaggio del cervello sul popolo, attuando strategie diversificate per creare divisione nelle persone su diverse questioni, distraendole con falsi timori, come la carenza di acqua del Nilo, la Borsa, gli egiziani che muoiono al confine con Israele … e dopo tutto questo alla fine avremo elezioni “libere”? Dal primo giorno la gente non ha scelto i militari per sostituire Mubarak, certo si aspettava che l’esercito fosse al fianco del popolo, ma al contempo di avere un governo civile per amministrare il paese fino a vere libere elezioni!

D: Pensi che con un governo civile l’esercito farà davvero un passo indietro?

R: No, governerà da dietro le quinte, è per questo che c’è bisogno che sia sostituito con la forza da altri ufficiali pro rivoluzione all’interno dello stesso CSFA.

D: Pensi che l’arresto del blogger Alaa El-Fattah possa influenzare negativamente e ridurre l’azione di altri blogger come te e El Hamalawy(Arabawy)?

R: Credo invece che ci renderà più determinati, perché non possiamo accettare questa situazione, siamo arrabbiati soprattutto dopo la rivolta di fine novembre in cui così tante persone sono morte. Vaffanculo queste cazzo di elezioni, fan culo i salafiti e i FM perché non contano niente, l’unica cosa su cui dobbiamo concentrarci, perché e più importante, è ottenere che i militari stiano fuori dalle posizioni di governo, arrestare e perseguire quegli ufficiali responsabili dell’uccisione di civili. Qualunque cosa dica il CSFA in TV, non sarà mai qualcosa per il bene del popolo, quindi l’unico modo è quello di avere una autorità civile e arrestare i membri colpevoli del CSFA.

D: Pensi che attraverso le elezioni si possa avere una vera autorità civile?

R: Nelle elezioni ci saranno imbrogli come sempre, saranno manipolate come tutte le altre elezioni che sono state tenute prima.

D: Pensi che i partiti islamici hanno ottenuto una percentuale così alta perché molte persone si sono rifiutate di andare a votare o hanno espresso un voto nullo?

R: Probabilmente, penso che abbia influenzato molto l’andamento della prima tornata elettorale, perché il 30% che non è andato a votare è una percentuale molto alta e inoltre c’è stato un uso illegale di un certo tipo di propaganda elettorale. C’è una legge che dice che è vietato l’uso di slogan religiosi e che deve essere rispettata, se si utilizzano, si dovrebbe essere arrestati o non ammessi a partecipare alle elezioni. Ma abbiamo visto molte auto in giro per la città con altoparlanti che incitavano a votare i Salafiti o i FM. Quindi, se è illegale, perché i soldati addetti al controllo delle urne non fanno nulla? Salafiti e FM erano fuori i seggi lo stesso giorno delle elezioni chiedendo alla gente di votare per loro; ho chiesto ai soldati di intervenire, ma per tutta risposta mi hanno detto che non è affar loro e che il loro unico dovere è quello di garantire la sicurezza dell’area! Cosa vuol dire sicurezza dell’area? Da cosa? Qualcuno stava forse per rubare una borsa? Allora, che cosa intendono per sicurezza? Il peggior crimine avvenuto durante le elezioni è questo.

D: Cosa ti aspetti per il futuro?

R: Non ho la più pallida idea, ma spero che che il movimento di protesta nei confronti del CSFA diventi un’onda tanto grande da essere appoggiata da una parte dei militari.

D: Non pensi che la gente in Tahrir debba organizzarsi meglio?

R: Penso che abbiamo bisogno di una Tahrir in tutte le piazze del paese, dove le persone abbiano il tempo di discutere e di capire, senza alcuna interferenza esterna, senza elezioni, senza i media che giocano sporco, senza la presenza dei militari.

D: Perché ti chiami Ganzeer?

R: Ganzeer significa catena, come quella della bicicletta, che collega la corona con i rocchetti e insieme fanno la pedalata; la catena è una mezzo importantissimo che permette all’emozioni di andare avanti, di correre, ciò che veramente conta alla fine è la connessione, è solo tramite collegamenti che la macchina si muove. Così ho pensato che era un po’ simile al mio ruolo, che è quello di comunicare alla e con la gente. È qualcosa che si mette tra te e altre persone, un tramite, e il blog è un mezzo tra tanti altri mezzi, come i graffiti o i video … così quello che si mette sulla catena metterà in moto un’idea specifica, e farà in modo che l’idea segua il suo flusso.

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