Articolo pubblicato sul manifesto: Graffiti 2 – Hend Kheera-Hany Khaled-Ammar Abou Bakr


PDF su Il Manifesto: Egyptian Graffiti

Graffiti Tahrir

Prima della rivoluzione di gennaio, le pareti dei palazzi erano usate solo per annunci pubblicitari. Durante i giorni della prima “intifada” egiziana il movimento dei graffiti ha preso piede perché esisteva nei giovani un bisogno intrinseco di esprimere qualcosa di represso da  decenni. Una delle scritte sulle pareti del bar Hurreyya (Libertà) al centro de Il Cairo diceva: “Voglio vedere un altro presidente prima di morire!”; già, perché molti di questi ragazzi sono nati e cresciuti durante il regime di Mubarak e non hanno conosciuto altri punti di vista a parte quelli incontrati recentemente su Facebook. Che cosa sono i murales e i graffiti? Sono una chiara voglia di esprimere un sentimento e un disappunto, una protesta disegnata e visibile a tutti. Per un regime dittatoriale costituiscono una minaccia ancora più grande di un articolo di giornale o di un’invettiva radiofonica, proprio perché possiedono un messaggio politico semplice ma potente, di facile fruizione.

L’epicentro è Tahrir e le zone limitrofe, mentre fuori diventa più difficile “combattere” contro una società tradizionalistica e agricola come quella egiziana: troppi pregiudizi e troppi concetti complessi che non si riescono ad afferrare, sopratutto in un paese dove il 50% della popolazione è analfabeta. Per questo motivo il messaggio dei graffiti in alcuni casi deve essere chiaro e semplice per non turbare questa visione arcaica, ma in grado di saper comunicare il nuovo, quello di cui Tahrir è diventata espressione. Forse la rivoluzione in questa fase sta scemando o perdendo la sua spinta iniziale, ma oltre a ottenere successi politici, è importante mettere in moto quel movimento sotterraneo che passo dopo passo, anno dopo anno cambierà la società preesistente.

I casi emblematici sono Mohamed Fahmi, soprannominato Ganzeer, tenuto in prigione per una notte lo scorso maggio solo per aver affisso i suoi adesivi della “Maschera della libertà” in tutti gli angoli de Il Cairo, e Ammar Abo Bakr, che è partito da Luxor per potersi unire alla piazza cairota. Quest’ultimo ha portato a termine un murales lunghissimo per ricordare tutte quelle persone ferite dal famoso cecchino Sobhi El Shinawi sulle pareti dell’AUC, nella strada Mohamed Mahmud (MM) ribattezzata “L’occhio della libertà”.

Hend Kheera (H) 23 anni, Hany Khalid (K) e Ammar (A) 27, sono i protagonisti di questo movimento sotterraneo ma visibilissimo, che riesce a spezzare le corde dell’indifferenza dei passanti.

 D: Come avete iniziato a fare graffiti? Avete studiato all’Accademia?

H: No, ho studiato ingegneria. Possiedo degli strumenti, i colori, e ho la passione del disegno. I graffiti rappresentano l’unico modo di mandare un messaggio diretto alla gente, per questo penso che la strada sia il posto più adatto ad esternare la mia idea. Così ho iniziato a fare graffiti in posti vicini al centro, soprattutto sul muro dell’Università Americana de Il Cairo (AUC), sulle pareti del Mugammaa a Tahrir (l’ufficio amministrativo generale egiziano).

Hend e Hany graffiti palazzo del Mugammaa

K: Sono un grafico, e quindi mi trovo quasi nello stesso campo dei graffiti, ritratti e disegni sono il mio pane quotidiano. Ho iniziato con la prima occupazione di Tahrir con tutti gli altri ragazzi della piazza, perché volevamo mandare un messaggio forte alla gente. La prima cosa è stato un stencil dietro il Mugammaa con la scritta “Helwa ya baladi” (Bello il mio paese, da una canzone di Dalida), poi “Enti tihobi el hurreyya” (Tu ami la libertà, da una canzone di Mohamed Munir), e ancora “Tutti siamo Khaled Said” (è il ragazzo ucciso dalle botte della polizia ad Alessandria nel 2009) …

A: Dall’inizio della rivoluzione. Sono professore all’Accademia di Belle Arti a Luxor. Dipingevo graffiti nella mia città perché lì non c’è niente che accade veramente, la rivoluzione non è arrivata nel sud; facevamo graffiti davanti alle tribù più importante dell’Alto Egitto, cercando di far arrivare il messaggio attraverso un modo giusto senza che nessuno vi si opponesse.

D: Quale è il vostro messaggio?

Hend Kheera. Egyptian diva Hend Rostom: "We will bring u from Sharm u traitor soon", referring to Housny Mubarak

H: Tutte le volte c’è un messaggio diverso a seconda della situazione. Ho iniziato appena dopo le dimissioni di Mubarak. Quando questi era ricoverato all’ospedale di Sharm e Sheikh, ho disegnato un famoso graffiti sulla diva egiziana Hend Rostom che diceva nel film intitolato El Shaad el Hob “Ti porto da Sharm il traditore”. Poi quando Mubarak è stato veramente trasferito da Sharm a Il Cairo per l’inizio del suo processo, tutta la gente usava l’espressione che avevo scritto sul mio stencil e si complimentava con me per l’idea. Un altro si riferiva  ai martiri dell’8 luglio, dove l’attore Ahmed Zaky (scena presa in prestito dal film El Hurub) teneva in mano un arma e sotto la sua immagine capeggiava la scritta “Noi rifiutiamo il narcotizzante caro CSFA (Consiglio Superiore delle Forze Armate)”: era indirizzata a tutti quegli ufficiali che hanno ucciso molti manifestanti a Tahrir e che non sono stati ancora giudicati in tribunale”

K: All’inizio il messaggio era quello della speranza e dell’amore per il proprio paese, per incoraggiare la gente a scendere in piazza, perché più diventavamo numerosi a Tahrir e più la nostra forza aumentava. Non c’era bisogno di scrivere che Mubarak faceva schifo o che fosse un ladro, era ovvio!

A: I graffiti hanno molti messaggi, alcuni si riferiscono al sistema e ai militari, altri alla strada e alla gente, altri ancora alla rivoluzione. Il messaggio dei graffiti è per tutti, sia per quelli che sono contro il sistema che quelli a favore, perché alla fine il suo scopo dei graffiti è quello di smuovere qualcosa nell’animo delle persone, chiunque esse siano.

D: Come è stata la reazione della gente ai vostri graffiti?

H: La gente mi domanda sempre il perché “imbratto” i muri. Una volta ho fatto uno stencil contro le violenze sess

Hend Kheera; don't touch, castration awaits you

uali sulle donne, un uomo mi ha detto che non esiste niente di tutto questo in Egitto; gli ho risposto a brutto muso che invece c’è e pu

K: La maggioranza era contenta e mi spronava a continuare. Solo poche persone s’indispettivano perché pensavano che rovinavo la parete! Molti in Egitto non sanno che esiste l’arte dei graffiti. La mia risposta era che quel muro apparteneva a tutti noi, e che in fin dei conti i miei messaggi non erano affatto offensivi.rtroppo accade. Abbiamo avuto un diverbio verbale molto intenso, poi se n’è andato dicendo che se proprio ci tenevo potevo tenermi il mio punto di vista … purtroppo in Egitto questo argomento è ancora un tabù. Il logo usato era di una donna con il simbolo del divieto sopra con la scritta: “Non si tocca … altrimenti ti castro!”

A: Fuori da Tahrir la situazione è completamente diversa, la gente pensa che imbrattiamo solamente i muri, ma quanti milioni sono stati spesi solo per fotografie pubblicitarie? Il concetto è più importante e profondo perché l’idea che c’è sotto i graffiti è quella di spingere a risollevare il paese dalle condizioni in cui verte ora. Il problema è che in Egitto scrivono e parlano senza avere cultura, come succede nella televisione di Stato, invece noi vogliamo la cultura della libertà e attraverso i muri possiamo esprimerci in tal senso.

D: Dopo la rivoluzione di gennaio, gli Shabeb sono di nuovo in piazza a Tahrir a novembre, cosa ne pensate?

Hany Khaled: cairo post revolution

H: È importante essere qua per fare in modo che i militari lascino il potere, siamo contrari al nuovo governo Ganzuri, lui fa parte del vecchio regime di Mubarak. Dovrebbero nominare un governo civile formato da gente che è qui a Tahrir, sul quale la piazza sia d’accordo.

K: Ero qua il sabato che sono iniziati gli scontri, c’erano quattro gatti rimasti in piazza dopo la manifestazione di venerdì 18, soprattutto anziani e invalidi permanenti della rivoluzione di gennaio. Il traffico scorreva tranquillamente, ma la polizia è entrata in piazza e li ha attaccati riempiendoli di botte e usando violenza gratuita. Poi ci sono stati gli scontri e la polizia sparava all’altezza del petto, della testa e degli occhi; molti di noi hanno incominciato a pensare che il vecchio regime fosse ancora presente nel CSFA.

D: Pensate che i militari abbiano tradito la rivoluzione?

H: Certo, un governo composto

Hany Khaled performing Tahrir in Down With Mubarak - 25 jan - morning

per la maggior parte da gente che faceva parte del gabinetto di Mubarak ne è la dimostrazione lampante.

D: Avete paura? Che pensate se i FM vinceranno le elezioni?

H: Certo, ho paura. Se i FM vincono non sarei contenta, molta gente ha paura di questo.

D: Perché?

H: Perché si sono accordati con il CSFA in un modo molto sospetto e perché giocano alla politica sotto il tavolo. Ma la paura soprattutto è nei confronti dei salafiti.

D: Pensi che i FM e i salafiti abbiano preso tanti voti perché molta gente non è andata a votare o ha annullato la scheda.

K: Sono uno di quelli che ha annullato la scheda scrivendoci sopra “Che se ne vadano i militari!”. Non sono d’accordo con le elezioni perché appena pochi giorni prima erano morte 41 persone e ne erano state ferite 3000! Non credo dipenda dalle schede annullate, perché c’è già un accordo tra i FM e i militari, e secondo me entrambi stanno tradendo il paese.

D: Avete già un’idea del prossimo graffiti e dove?

H: No, non ancora, dipende sempre dalle sensazioni del momento e da quello che succede intorno.

K: Non avrà niente a che vedere con l’elezioni, anche perché per molta gente è la prima volta che vota e mi sembrerebbe di non rispettarla. Disegnerò per far in modo che la gente capisca di più su quello che sta succedendo e continuerò a parlare della pace e della giustizia, mi piace parlare delle cose belle che ci sono in Egitto, perché dobbiamo avere cura del nostro paese e cercare di ricostruirlo tutti insieme.

D: Possiamo dire che Tahrir è l’epicentro di un movimento culturale nuovo per la rivoluzione e nato con la rivoluzione?

Ammar Abou Bakr in via Mohamed Mahmud

A: Certo, ora la gente a Tahrir si è abituata all’idea dei graffiti, che prima erano proibiti.

D: Che cosa ti aspetti per il futuro dopo gli scontri di novembre?

H: Non ho un’idea chiara, ogni volta c’è qualche sorpresa. Penso che tenere le elezioni adesso non sia una cosa giusta, penso che saranno truccate, che la gente del vecchio regime riuscirà a entrare in parlamento … l’argomento sta prendendo una brutta piega. Ci sono sempre degli sviluppi inattesi per questo non so che cosa accadrà da qui a qualche mese!

A: Quello successo in via MM è stato il più grande intervento da parte delle forze del vecchio regime per ripristinare le cose come erano prima, in quella strada c’era la gente che serviva Mubarak. Purtroppo non c’era la minima presenza dei partiti politici, avevano abbandonato la piazza per interessarsi alle elezioni. Però a MM c’erano anche i ragazzi di questo paese, i giovanissimi dai 15 ai 20 anni, che hanno avuto il coraggio di affrontare i corpi speciali di polizia, di combattere e di strillare in faccia al Ministero dell’Interno il loro marciume; quelli più anziani invece hanno

Ammar in via Mohamed Mahmud con il bambino di nome Yussef

paura, vogliono che la società continui, in pace e serenità, ovviamente è una loro libera scelta.  In questo momento credo che la rivoluzione sia entrata dentro un conflitto generazionale, perché la persona che oggi ha 50 o 60 anni non ci aiuta con la sua mentalità spaventata, anche se il suo punto di vista può essere giusto, ma la sua età non le permette di avere un punto di vista obiettivo e cr

itico. Per i giovani è diverso. Ieri un bambino di 7 anni mi ha posto una domanda difficilissima riguardo ai miei graffiti: “Quelli che sono dietro il disegno, non sono egiziani?”, gli ho risposto di sì, e lui ha incalzato: “Ma anche noi non siamo egiziani?”, ho annuito, ma lui ha continuato: “E allora perché ci sparano addosso?”! Se c’è qualcuno che riesce a rispondere a questa domanda merita un premio.

Hany Khaled: Noi siamo tutti Khaled Said sul palazzo del Mugammaa
Hany Khaled What the Moshir -behind mogma3-8 April

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Hend Kheera: a qoute by Dalida from the movie "The sixth days" ,says, do you think I'm smiling, it's a wound on my face

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Isola Zamalek, accanto all'accademia di Belle Arti
Ammar in via Mohamed Mahmud
Hend Kheera: actor Ahmed Zaki and the words say: Military Council, We will take Revenge for Our Martyrs by Our Own Hands

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Graffiti Tahrir
Graffiti Cairo Tahrir - Asr El Aini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Graffiti su muro messo dai militari in Via Mohamed Mahmud

 

 

 

 

 

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Palazzo del Mugammaa a Tahrir

 

 

 

 

Palazzo del Mugammaa a Tahrir

 

 

 

 

 

 

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Ammar disegna graffiti sul muro dei militari eretto in via Mohamed Mahmud

 

 

 

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