Tahrir, 25 gennaio 2012


Utopia

Solo questa foto voglio postare, forse perché in qualche modo voglio ricordare la rivoluzione egiziana in questo modo, con questo ragazzo sconosciuto che è seduto sulla sommità della statua del leone del ponte Qasr El Nil, con la sua bandiera al vento, con le speranze e le aspettative perdute nate proprio su questo ponte. Sotto di lui c’è un fiume umano che scivola in due correnti verso e fuori la piazza Tahrir. Il ragazzo sembra osservare il via vai delle persone, il fluire della storia, la sua espressione sembra triste quando invece dovrebbe scoppiare di gioia. Lui mi rappresenta, ieri sono stato quasi tutto il giorno a passeggiare per la piazza, e quello stato d’animo sul suo volto è stato il mio per tutta la giornata. C’era voglia di celebrare ieri a Tahrir, ma per quanto fossi presente non riuscivo a essere pienamente coinvolto, c’era qualcosa che mancava, perché lo spirito di Tahrir del 25 gennaio 2011 si è andato dissipando in 365 giorni di sotterfugi, di complotti, di accordi sottobanco, di provocazioni della polizia militare e degli agenti antisommossa ai civili e agli attivisti, morti, martiri-eroi caduti per una speranza parzialmente tradita. Molti si loro s’interrogano sul perché amici e parenti sono morti per ritrovarsi un anno dopo con i Fratelli Musulmani con una schiacciante maggioranza parlamentare, ne è valsa la pena? Per molti attivisti sì, la maggior parte di loro continua a combattere la propria lotta di rivendicazioni democratiche, sebbene siano stati isolati e marginalizzati dal resto del paese; forse questa è la vera sconfitta della rivoluzione egiziana a un anno dal suo inizio: la frattura che si è creata tra Tahrir e il resto del paese; la prima rappresenta forse l’1% dell’intera popolazione, forse il 10% in tutto l’Egitto tra supporter e simpatizzanti, ma rimane indubbio che i ragazzi di Tahrir sono ormai isolati.

L’ultimo anno è stato caratterizzato da una continua denigrazione della piazza: è divenuta la causa dei problemi economici del paese agli occhi di molti cittadini che considerano quelli che sono a Tahrir come gente che “dovrebbe andare a lavorare” e “lasciare i militari in pace”. Eppure ieri il 99% degli egiziani ha potuto festeggiare la rivoluzione, o forse un nuovo inizio, solo grazie a quei ragazzi che si sono fatti sparare e massacrare di botte. Tutti festeggiavano ieri, ma forse i partiti e i movimenti politici invece di rivendicare il proprio ruolo nella rivoluzione di gennaio scorso, dovrebbero ringraziare quei ragazzi, sia i martiri-eroi sia quelli che ancora sono lì a gridare ai militari di andarsene a casa. Se ancora non fossero lì in piazza, il processo democratico sarebbe ancora più lento e macchinoso; solo grazie alla loro pressione i militari hanno anticipato le elezioni presidenziali i un anno al 30 giugno 2012.

Una considerazione a posteriori: forse quei giovani avevano ragione lo scorso marzo a chiedere elezioni parlamentari immediate, forse i FM avrebbero vinto lo stesso, forse con una maggioranza meno schiacciante, sicuramente avrebbero avuto il dovere di portare avanti la spinta rivoluzionaria e del cambiamento, mentre ora si propongono come i pacificatori, i normalizzatori. Probabilmente nel medio lungo periodo riusciranno anche a mettere in pratica un certo processo democratico, ma quella spinta iniziale di tutto un popolo si è parzialmente persa, e da una parte i FM hanno le loro colpe, per essersi sempre discostati dalla piazza quando questa ne aveva un urgente bisogno. Hanno guardato più ai loro interessi e ai loro calcoli politici piuttosto che all’interesse generale e della nazione. Vogliono uno stato ultra liberale, che comporta una delega in bianco da parte dello stato di settori che gli appartengono (sanità, assistenza sociale, educazione …) a strutture private che la Fratellanza già possiede.

Lo spirito di Tahrir 2011 si è dissolto, forse si è trasformato, perché quello spirito ha creato una consapevolezza nell’animo delle persone che non svanirà tanto facilmente: l’essere dei cittadini, delle persone con diritti e doveri, e non dei sudditi. La strada è ancora tutta in salita, la rivoluzione è solo al primo gradino, dovranno passare molti anni prima che il cambiamento attecchisca e assuma un radicamento profondo.

Ieri i ragazzi di Tahrir erano in piazza anche loro, anche se molti hanno disertato, delusi e traditi. Il loro sbaglio è stato quello di non essere riusciti a divenire forza politica che portasse avanti le richieste della rivoluzione e a organizzarsi in modo da fare presa sulla popolazione meno agiata. È vero che c’è stato un vero abisso di forze in campo, i FM potevano contare su una struttura ben oliata e i salafiti sui petroldollari dei paesi del Golfo; entrambi hanno mostrato i muscoli, conducendo una forte azione capillare nel territorio e nelle circoscrizioni, grazie alle emittenti televisive e radiofoniche che possiedono con le quali fanno sentire la loro voce e agli ingenti capitali a disposizione; al contrario i ragazzi della piazza potevano solo contare sulla loro spinta rivoluzionaria, sulla rete di connessioni tramite internet e non solo, ma il divario con gli altri due gruppi si è poi visto con il risultato ultimo delle elezioni dove i FM hanno preso il 47% e i salafiti il 23%; visti da un’altra ottica risulta già un cambiamento radicale, se si considera che il partito di Mubarak, il PND, alle elezioni del novembre 2010 aveva ottenuto da solo il 95% dei voti!

Ieri molti dei giovani della prima rivoluzione gridava ai militari di andare a casa, tuttora mostrano una forza di volontà d’acciaio, ma dai trascorisi dell’ultimo anno dovranno capire che questo tipo di approccio politico non è sufficiente, che anche loro dovranno organizzare meglio l’azione politica, diminuire i dissensi e le divisioni interne, cercando obiettivi comuni realizzabili e proponibili ai cittadini, scegliendo un leader che possa veramente rappresentarli e portare avanti le loro istanze e quelle della rivoluzione. Forse tra 5 anni i FM vinceranno di nuovo, ma gli Shabeb organizzandosi potranno erodere consistenti percentuali ai Fratelli e ai salafiti, il tempo è dalla loro parte. Ma Tahrir è stata anche un’utopia, dove per 18 giorni i ragazzi hanno vissuto come in una comune, dove ognuno era se stesso e dove non c’era distinzione di classe, di religione, di pelle; hanno vissuto sotto un tetto comune: il cielo del mondo. Per questo Tahrir lascerà un’eredità importante e pesante, non solo per le future generazioni egiziane, ma per tutto un movimento sotterraneo che è emerso, da Los Indignados a Occupy Wall Street. Siamo all’un inizio di un’era, di cui ancora è difficile definire i contorni, ma anche nell’ottocento i primi moti insurrezionali avevano la caratteristica di sembrare solo fuochi di paglia, che vivevano l’arco di una stagione; con il tempo quei movimenti da eterogenei e divisi si sono organizzati e uniti, per poi portare a tutti quei cambiamenti e rivendicazioni che il 900 ha materializzato.

Quel ragazzo per me oggi è ancora lì, e anche domani, sopra quel leone, che osserva un futuro che non riesce a mettere a fuoco, mentre la tristezza di un passato recente sventola con la sua bandiera, tra la fragilità delle sue mani che insieme a quella di tanti altri giovani hanno portato una piazza, l’Egitto, al centro del mondo.

Un commento

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...